(Adnkronos) – La cardiologa americana Nanette Wenger l'ha chiamato "approccio 'a bikini' alla salute della donna", per definire la tendenza ad affrontare le malattie femminili concentrandosi sul seno e sul sistema riproduttivo. La zona costume, appunto. E' ora di andare oltre, è l'appello dei cardiologi che il 19 aprile di riuniranno a Milano per il Forum Monzino 'Ricerca clinica e malattie cardiovascolari nella donna'. Al centro dei lavori "il gender gap nella cura delle malattie del cuore", spiegano dall'Irccs meneghino. Basti pensare che "il dosaggio di tutti farmaci per il cuore è calcolato per un giovane maschio di 70 kg di peso, ignorando le specificità delle donne, che negli studi clinici farmacologici sono rappresentate per meno del 40%". "E' urgente rivoluzionare questo approccio", afferma Daniela Trabattoni, responsabile dell'Unità operativa di Cardiologia interventistica coronarica e difetti cardiaci e responsabile del Monzino Women Heart Center. "La medicina di genere – precisa – non è una medicina in rosa, ma un approccio trasversale che deve tener conto delle differenze biologiche (definite dal sesso), socio-economiche (definite dal genere) e dalla specificità di ogni persona. In ambito cardiovascolare – evidenzia la specialista – l'assenza di una medicina di genere ha creato gravi problemi, a partire dalle cure farmacologiche. Esaminando oltre 20mila studi clinici effettuati fra il 1993 e il 1997, abbiamo rilevato una clamorosa scarsità di partecipanti femminili e dunque di dati sulle donne. La situazione non è cambiata negli anni: negli studi fra il 2010 e 2017 le donne non erano rappresentate per più del 39%".  In concreto, chiarisce Trabattoni, "questo significa che le donne sono spesso sotto-curate perché i farmaci comunemente utilizzati per le maggiori malattie cardiovascolari, a partire dall'infarto, essendo somministrati in dosaggi efficaci nell'uomo, possono causare nella donna effetti collaterali importanti e conseguente scarsa aderenza alla terapia. Anche i meccanismi di assorbimento dei farmaci nella donna possono essere diversi dall'uomo", rimarca l'esperta. "Ad esempio, l'aspirina è eliminata più rapidamente dal corpo femminile perché ha un'emivita più breve, mentre il paracetamolo è eliminato più lentamente. Per questo, seguendo la posologia standard, le donne, facendo spesso un uso maggiore di antinfiammatori per emicrania o dolori mestruali, più facilmente vanno incontro a overdose da antinfiammatori". Non a caso "il 71% dei pazienti che accedono al pronto soccorso per abuso di farmaci sono donne".  "E' evidente la necessità di promuovere sempre più studi clinici no profit volti a valutare l'effettivo profilo beneficio/rischio di molti farmaci attualmente comunemente utilizzati nel sesso femminile", sottolinea Marco Scatigna, direttore della Clinical Trial Unit del Monzino. "Le donne non sono comunque destinate a rimanere le cenerentole della cardiologia", assicura Trabattoni. "Abbiamo gli strumenti per arrivare a una cura sartoriale delle malattie del cuore femminile. Si tratta di sensibilizzare e diffondere le conoscenze e gli approcci e il Monzino – ricorda la specialista – ha avuto un ruolo di apripista in questa direzione con l'apertura, già nel 2016, del Monzino Women Heart Center, la prima struttura clinica e di ricerca dedicata alla cardiologia femminile". "L'orizzonte – conclude la responsabile del centro – si sta aprendo anche a livello delle carriere delle donne cardiologhe, un fattore essenziale per lo sviluppo della cardiologia di genere. Oggi, su 20.564 cardiologi, 14.505 sono uomini e 6.054 donne, con solo 3 donne contro 54 uomini in posizioni apicali. Ma nelle nuove generazioni di medici la situazione è cambiata: nella fascia 30-45 anni le donne sono 2.416, mentre gli uomini 1.926".  —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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