[oblo_image id=”5″]Tra le prime 8 di Champions League, 5 erano arrivate seconde nel girone di qualificazione, molto poco ha inciso quello che si considera un vantaggio: giocare l’andata in casa. Le squadre inglesi hanno fatto l’en plein: 4 su 4 (di più non si poteva fare) si sono qualificate ai quarti di finale della maggiore manifestazione calcistica europea per club. Già l’anno scorso il pallone d’oltremanica ben si era comportato in questa competizione fornendole 3 delle 4 semifinaliste (Manchester United, Liverpool e Chelsea), impresa quest’ultima, peraltro riuscita anche a Spagna (nel 2000 con Barcellona, Valencia e Real Madrid) e Italia (nel 2003 con Juventus, Inter e Milan). Se si allarga lo sguardo anche alla Coppa Uefa, la situazione non cambia. Agli ottavi di finale compaiono tutte le 3 squadre inglesi qualificatesi lo scorso anno, vale a dire Tottenham Everton, e Bolton. Ai quarti però, potrà sperare di arrivarci solo quest’ultima (che giocherà domani l’ottavo di ritorno) in quanto le altre 2 sono state eliminate (anche se solo ai calci di rigore) ieri sera rispettivamente da Psv Heindoven e Fiorentina (auguri).

[oblo_image id=”1″]Il successo nelle coppe europee ha fatto subito gridare a un predominio del “calcio inglese”, ma andiamoci piano. Visto che, messe insieme, le 4 sorelle di quest’anno schierano soltanto 10 giocatori inglesi fra i titolari, sarebbe forse più corretto parlare di “calcio d’Inghilterra” che di “calcio inglese”. A conferma di quanto appena detto si commenta da sola la mancata qualificazione per Euro 2008 della nazionale inglese costretta a chiamare in panchina il santone di Capello per assicurarsi un posto a Sud Africa 2010.

Il doppio confronto fra il calcio nostrano e quello inglese (Inter-Liverpool e Milan-Arsenal) è stato devastante per l’Italia: 3 vittorie e 1 pari per i britannici con 5 gol segnati e 0 subiti. Tra le prime 8 di Champions c’è solo una italiana, la Roma che, nel sorteggio di venerdi, ha 50 possibilità su 100 di pescare, guarda caso, una inglese. Intanto complimenti alla squadra di Spalletti che, insieme al Barcellona, è l’unica europea ancora in corsa su tutti i fronti: Campionato, Coppa Campioni e Coppa nazionale. Non è un dettaglio da poco.

[oblo_image id=”4″]Quattro squadre ai quarti denotano un equilibro interno di altissimo livello, con più club capaci di lottare per il titolo, sia in campionato che in coppa. Mentre in Spagna e Italia dominano il Real Madrid e l’Inter (entrambi campioni in carica), in Inghilterra non è così. Il Manchester campione è secondo dietro l’Arsenal, vicino c’è comunque il Chelsea e, più staccato, il Liverpool. Ma la squadra di Benitez, se ha sempre un po’ stentato in campionato, è stata capace di arrivare in finale di Champions in 2 delle ultime 3 edizioni.

Appare netta la differenza fra la Premier League e gli altri campionati europei. Beh, quale la causa? Facile, l’enorme disponibilità economica dei club inglesi. I quattro club d’oltremanica appena qualificatisi in blocco ai quarti sono tra i più ricchi al mondo. Per informazioni chiedere alla Deloitte and Touche dal cui studio annuale si legge la seguente classifica: Manchester U. secondo, Chelsea quarto, Arsenal quinto e Liverpool ottavo. Il Milan, primo delle italiane, è sesto, l’Inter nona, la Roma decima. Ma i club inglesi non spendono soltanto molto, spendono anche bene muovendosi in tutte le direzioni possibili: fuoriclasse affermati e giovani emergenti. Cristiano Ronaldo, Tevez, Fernando Torres, Essien, Adebayor, Rooney, Mascherano, Anderson, Mikel e Chlichy sono stati acquistati tutti quand’ancora non avevano ventiquattro anni (alcuni di questi anche molto prima). [oblo_image id=”2″]Le squadre italiane (Inter a parte) si sono mosse diversamente: la Juventus ha comprato Almiron e Tiago facendoli passare per campioni per poi farli marcire in panchina e cercar loro affannosamente una sistemazione; il Milan ha preso Pato (seguendo un po’ la linea inglese ma un singolo, peraltro giovanissimo, è difficile che possa spostare gli equilibri) salvo poi fare retromarcia e puntare su un economico ritorno di Shevchenko più che su un forte investimento (Drogba); la Roma infine ha preso Giuly, un giocatore di gran classe ed esperienza, ma quasi al capolinea della sua carriera e ormai in lista di sbarco a Barcellona. Insomma, un mercato nettamente diverso da quello dispendioso ma pur lungimirante dei club inglesi.

Un fattore da non dimenticare è l’esperienza degli allenatori. Se consideriamo il Chelsea ancora allenato da Mourinho (questo è ancora la sua squadra, Grant per ora è solo un traghettatore), i tecnici alla guida delle “sorelle europee” (Ferguson, Wenger, Benitez e Mourinho appunto) hanno vinto insieme 22 scudetti, 16 Coppe nazionali, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa delle Coppe e 3 Champions League. I tecnici delle quattro italiane partecipanti alla Coppa Campioni invece, insieme hanno raccolto “solo” 3 scudetti, 6 Coppe nazionali e 2 Champions. Forse non è una coincidenza, l’esperienza conta.

[oblo_image id=”3″]E conta pure l’esperienza a livello di club. Il Manchester ha raggiunto i quarti 7 volte negli ultimi 10 anni; il Chelsea 4 volte negli ultimi 5; il Liverpool e l’Arsenal 3 volte nelle ultime 4 stagioni. Insomma, una vera e propria egemonia. Ma durerà? E per quanto tempo? Beh, tutto farebbe pensare di si. Il faraonico contratto TV di Premier League, sia con emittenti inglesi sia estere (all’estero il campionato inglese frutta 12 volte di più di quanto faccia la nostra Serie A), il merchandising sviluppato, gli stadi (autentiche macchine da soldi) sfruttati in maniera diversa e sempre (o quasi) pieni, gli investitori stranieri pronti sempre a portare soldi freschi, tutti questi elementi messi assieme fanno pensare a un futuro economicamente sempre più florido. E si sa, i soldi portano campioni (in erba o affermati) che alzano a loro volta la competitività delle singole squadre e dell’intero campionato. Se poi i soldi si spendono anche bene, in maniera intelligente, il gioco è fatto. Complimenti Premier League, giù il cappello.

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