[oblo_image id=”1″]Prima giornata piena di eventi del 24° Da Sodoma a Hollywood – Torino GLBT Film Festival, con i due lungometraggi che aprono il concorso. Rückenwind di Jan Krüger, esordio del regista tedesco, che narra la storia di Johann e Robin che decidono di fare una gita in campagna. Più penetrano, però, nei boschi, più strana diventa la loro gita. Le biciclette scompaiono e la mappa non li aiuta a ritrovare il percorso. Capiscono di essere in pericolo, ma cercano di non dare troppa importanza a quello che sta succedendo: decidono di perdersi… Altro esordio è il secondo film in concorso, El patio de mi cÿa1rcel di Belén Macías (Spagna, 2008), prodotto da Augustin Almodòvar e già con tre nomination ai premi Goya (tra cui miglior rivelazione). A Madrid una ex-ladra che non riesce ad adattarsi alla vita fuori dal carcere decide di fondare una compagnia teatrale insieme a tre sue amiche: una prostituta, una migrante colombiana e una rom, nel tentativo di dare una raddrizzata alle loro vite. Nel cast le almodòvariane Blanca Portillo (Volver – Tornare) e Candela Peña (Tutto su mia madre).

Arrivano da India, Thailandia e Messico i tre documentari in concorso: Out in India: A Family’s Journey di Tom Keegan (USA/India, 2007), con interventi di Nandita Palchoudhari e Richard Gere, segue la coppia Peter Carley e David Gere per il loro viaggio di nove mesi in India insieme ai due piccoli figli adottati per cercare di dare il proprio contributo alla lotta contro l’AIDS. In India milioni di persone sono sieropositive, il 90% delle quali non sa di esserlo. I rapporti occasionali e il sesso non protetto sono all’ordine del giorno e i temi della prevenzione sessuale e dell’AIDS sono un tabù. In una società così tradizionalista ma che, allo stesso tempo, anela alla modernità, possono due papà americani fare la differenza? Delle difficoltà di fare cinema con scene apertamente omosessuali parla Boriven nee yu pai tai karn kuk kun (This Area is Under Quarantine) di Thunska Pansittivorakul (Thailandia, 2009), originale per la sua realizzazione: la legge thailandese le proibisce e i due ragazzi che raccontano le loro esperienze, anche sessuali, non si vedono mai nudi, ma non mancano invenzioni visive accattivanti. Questo film concorre assieme a

Intimidades de Shakespeare y Victor Hugo (Shakespeare and Victor Hugo’s Intimacies) di Yulene Olaizola (Messico, 2008) al Premio Nuovi Sguardi assegnato dal comitato di selezione del Festival. Il primo film di Olaizola indaga i misteri della pensione gestita da Rosa Carbajal, nonna della regista, all’angolo tra le calles Shakespeare e Victor Hugo, a Città del Messico, che nasconde una storia intima e appassionata. Vent’anni prima, Rosa aveva incontrato Jorge Riosse, un giovane tenente con cui aveva stretto una profonda amicizia e che si era trasferito a vivere nella pensione, ma dopo la sua morte improvvisa si scopre che lui era un serial killer.

[oblo_image id=”2″]Franca Valeri e Ferzan Ozpetek sono i protagonisti nel pomeriggio, per la presentazione di un altro de “i film della sua vita”: Leoni al sole di Vittorio Caprioli, un fresco pastiche di relazioni sentimentali della durata di un’estate, con una frizzante e splendida Franca Valeri accanto a Philippe Leroy nell’esordio di Caprioli girato nel 1961.

Il primo Premio Speciale va a Monika Treut che presenta il suo ultimo lavoro Ghosted, una curiosa storia contemporanea dettata stilisticamente dall’intreccio tra misticismo giapponese e romanticismo tedesco. È la sua continua ricerca sul mondo della sessualità considerata “deviante” una delle motivazioni per il conferimento del premio consegnato alla regista tedesca, presenza costante e già vincitrice al Festival con il documentario Gendernauts (1999). Tra i suoi film citiamo inoltre Erotique e Die Jungfrauenmaschine (La macchina vergine, 1988).

Ultima segnalazione per Coming Out di Heiner Carow (Orso d’argento alla Berlinale 1990, per “la sensibilità con cui ha svolto il dramma delle minoranze – tutte – e il grande rispetto per i diritti umani”). Il film narra le passioni di Philip sin da giovane età per il genere maschile, e il suo non facile percorso di Philip di coming out, per dire sì alle più intime passioni e soprattutto al suo più intimo sé.

Carow ha fatto Coming out come appello alla tolleranza, non solo nei confronti delle persone glbt ma di tutte le minoranze della ex DDR, inclusi anche gli Andersdenkende ossia i “liberi pensatori”. Per il suo autore Coming out è “un film sull’amore e sull’onestà”. Carow era gay, e molte persone che appaiono nel film facevano parte della scena underground (soprattutto) gay della ex Berlino Est. I locali che si vedono nel film sono club e pub realmente esistiti, così come molte delle azioni di sfondo sono state prese dalla vita reale e non messe in scena. Carow ha fatto questo film anche per raccontare la sua personale esperienza in un paese in cui dal 1968 l’omosessualità non era più illegale ma comunque emarginata sul piano sociale. Va detto che era un credo popolare che l’essere gay fosse una moda nei paesi capitalisti e un segno di decadenza nell’Occidente individualista. Non fu facile dunque realizzare il film, benché fosse il risultato di un periodo già disseminato di segni della svolta che ha poi portato alla caduta della cortina di ferro.

“Da Sodoma a Hollywood”
24° Torino GLBT Film Festival
23-30 Aprile 2009

Ambrosio Cinecafè – Cinema Idealcityplex (apertura e chiusura)

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