Ci sono vigliaccate che ogni tanto fa il destino e che sono così crudeli da apparire irreali. Albert Ebosse era entrato in campo con i suoi compagni del Cabilia per una semplice partita del campionato algerino che li vedeva al cospetto dell’Usm Algeri. Di speciale c’era soltanto il suo stato d’animo: quello di un ragazzo di 24 anni che aveva appena saputo di essere diventato papà. La gara finisce 2-1 a favore della squadra della capitale, ma la sfida verrà ricordata per ciò che è avvenuto dopo. Dagli spalti i tifosi del Cabilia inscenano una protesta violentissima con lancio di oggetti verso i proprio giocatori. Si tratta di schivare i colpi, ma Albert Ebosse non riesce a scansare una pietra che lo ferisce. Fatalmente. I soccorsi arrivano tempestivi ma non c’è nulla da fare. Diventare padre e morire in poche ore è già assurdo. Farlo per una partita di calcio è inaccettabile. La federazione algerina ha parlato di gesto di violenza insopportabile promettendo che si impegnerà senza sosta per individuare e sanzionare i responsabili. Ma è una scelta così opportuna che viene da chiedersi se sia stato fatto tutto il possibile per evitare che questo dramma si verificasse. Troppe le lacune nel servizio di sicurezza: non si sono arginate le prime manifestazione di violenza dei tifosi, non sono stati tutelati i giocatori mentre abbandonavano il campo.
E pensare che Albert Ebosse era anche il meno colpevole dei cattivi risultati della sua squadra. Camerunense di nascita, aveva vinto il titolo di capocannoniere del campionato nella scorsa stagione trascinando il Cabilia alla finale della Coppa d’Africa per club. 17 gol in 31 presenza e una carriera che avrebbe potuto fare tappa anche in Europa. Prima che la follia – non diamo la colpa al calcio per cose che con il calcio non hanno nulla a che vedere – stroncasse la vita di un ragazzo che non conoscerà mai suo figlio. Perché le vigliaccate del destino a volte hanno un tempismo così beffardo da andare al di là di ciò che apparirebbe inverosimile anche nelle pagine di un libro.