[oblo_image id=”2″] Io, Loro e Lara, l’ultima fatica dell’amatissimo Carlo Verdone, è una pellicola che ha visto la luce dopo una fase di elaborazione molto travagliata a causa delle difficoltà incontrate nella costruzione della sceneggiatura. Originariamente, infatti, l’idea era quella di scrivere una storia su una grande famiglia; solo in un secondo momento, quindi, gli addetti allo script (Pasquale Plastino e Francesca Marciano) ebbero la geniale intuizione di inserire come protagonista un prete missionario in crisi spirituale. Il pensiero di interpretare un ruolo così fuori dagli schemi piacque subito a Verdone, che però si è preoccupato fin da subito di non far apparire il protagonista della vicenda come uno di quei sacerdoti perfetti, visti in tanti sceneggiati tv e nella sua stessa produzione passata (Un Sacco Bello, Acqua e Sapone, Viaggi di Nozze).

Non a caso, già dalle prime battute del film, Padre Carlo Mascolo (Carlo Verdone) appare alquanto impacciato ed insicuro riguardo al proprio futuro, a tal punto da doversi consultare con i padri superiori che gli consigliano di prendersi una pausa di riflessione e di tornare per un po’ in famiglia. Il malcapitato segue alla lettera tale consiglio, ma una volta tornato a casa trova tutto cambiato: il padre (Sergio Fiorentini) si è risposato con la badante moldava (Olga Balan), il fratello (Marco Giallini) è diventato cocainomane, la sorella psicanalista è più nevrotica dei suoi pazienti ed ha una figlia a carico depressa e seguace della moda “emo”. Insomma, a ben guardare, il prete pensa che i problemi quotidiani che doveva affrontare in Africa fossero meno insormontabili di quelli tipici della nostra società, dove ormai i veri valori sembrano caduti nel dimenticatoio. La questione poi si complica ancora di più quando il destino di Carlo e dei suoi parenti si intreccia con quello di Lara (Laura Chiatti), una misteriosa ragazza che sembra nascondere dei segreti. A proposito della sua ultima prova per il grande schermo, la giovane promessa del cinema ha dichiarato: “adoro prestare il volto a ruoli ricchi di sfaccettature, ambigui, e Lara è proprio così; è un personaggio oserei dire pirandelliano, che all’inizio non trasmette né un senso di serenità, né un senso di pacatezza, né un senso di follia; è piuttosto un miscuglio perfetto di tutte queste cose che poi a seconda delle situazioni escono fuori in maniera diversa”.

Secondo il regista, questo film ha potuto avvalersi di uno dei migliori cast che abbia mai avuto a disposizione. Gli interpreti, sia i principali che i secondari, sono riusciti a trasmettere al meglio le caratteristiche dei propri personaggi; la cura degli ambienti interni (quasi tutti ricostruiti a Cinecittà), lo studio della fotografia di Danilo Desideri e la scelta azzeccata dei costumi da parte di Tatiana Romanoff, infine, hanno fatto il resto.

Completamente diversa dalla precedente opera Grande, grosso e Verdone, l’innovativa pellicola segna l’atteso ritorno dell’attore/cineasta stimato da generazioni più o meno adulte. Considerata la morale insita in un contesto seppur prettamente comico, il genere piacerà a chi è stanco dei soliti “cinepanettoni” e a chi spera nella rinascita delle classiche commedie all’italiana.

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