[oblo_image id=”1″] Nello sport non sempre vince il migliore. Nel calcio, poi, si guarda quasi con diffidenza chi cerca di regalare uno spettacolo gradevole. Solo nel mondo del pallone si esalta una squadra quando è cinica, spietata, persino subdola nell’aspettare l’avversario per colpirlo al primo errore. Forse anche per questo, la bacheca di trofei della Spagna è arida. Forza o debolezza di un modo romantico di vedere il calcio dove gli spettatori non si accontentano di fare risultato e sbandierano fazzoletti in segno di protesta se la squadra non esprime un gioco divertente.

Ma anche le tradizioni più nefaste possono essere sfatate e gli Europei del 2008 regalano lo scettro alle furie rosse, mai così traboccanti di talento come in questa rassegna continentale. Fin dall’esordio la formazione di Aragones ha mostrato le potenzialità di un organico straripante per qualità e freschezza atletica. E quasi a voler destabilizzare l’ambiente, sono arrivate le prime frecciatine maliziose. Chissà se reggeranno la pressione o se come al solito si scioglieranno appena si comincerà a fare sul serio? Questa la domanda che ha sempre accompagnato Casillas e compagni. La qualificazione a punteggio pieno non è servita a fugare i dubbi sulla tenuta caratteriale del gruppo. La prova del fuoco era già pronta: nei quarti l’ostacolo si chiamava Italia. Come è finita lo sappiamo, anche ora la sensazione è che i rigori abbiano premiato chi si era meritato maggiormente la qualificazione in 120 minuti di battaglia. Stesso copione prima della semifinale con i soliti antichi fantasmi che ricominciavano ad aleggiare. Di fronte c’era la Russia del genietto Arshavin e del guru Hiddink. Banco di prova superato con un netto 3-0 sugellato con la consueta sportività dall’allenatore olandese: “Abbiamo fatto il massimo, ma la Spagna è semplicemente più forte”. Siamo arrivati così all’atto conclusivo contro la Germania, la corazzata che arriva sempre in fondo anche quando non te lo aspetti. Si temeva una gara bloccata come quasi sempre avviene nelle finali dove la paura di perdere paralizza i contendenti. Ed invece le furie rosse hanno dominato in modo così limpido da mettere in secondo piano le polemiche sul presunto fallo di Fernando Torres in occasione del gol. Se il risultato è bugiardo ad essere in credito è proprio la Spagna: un punteggio più rotondo avrebbe meglio espresso i reali valori visti in campo. Ora però nessuno si lamenta, è il momento di festeggiare.

La trionfale cavalcata iberica è un romanzo da leggere tutto d’un fiato dove le pegine raccontano i tuffi di Casillas, le scorribande di Sergio Ramos, le geometrie di Senna, Xavi ed Iniesta, i gol di Villa, le magie di Fabregas e Fernando Torres. A rilegare sapientemente ogni capitolo c’è la mano di Luis Aragones, uno che a 70 anni ha avuto il coraggio di chiudere la porta in faccia a totem nazionali come Raul per abbracciare la linea verde. Una regina così raffinata ed elegante da meritarsi le simpatie di tutti; chi ama il bel calcio la aveva scelta da tempo come prediletta. Felicitationes Espana, per una notte l’Europa è tutta tua.

Advertisement