Lo scopo degli incontri organizzati dalla Casa del Cinema di Roma con i nuovi volti del cinema italiano, è quello di farli conoscere meglio. Beh con Riccardo Scamarcio ci sono riusciti. Era lui l’ospite che apriva questo ciclo, che vedrà protagonisti altri nove attori e attrici emergenti del cinema di casa.

A precedere l’incontro con l’attore è la proiezione di un film, scelto dall’attore stesso. Scamarcio ha scelto “Texas” del giovane Fausto Paravidino; film di qualche anno fa, che lo vede fra i protagonisti. E’ sul quel set che sbocciò l’amore con Valeria Golino, forse è anche per questo motivo che Scamarcio è così affezionato a questa pellicola.

[oblo_image id=”1″]Finita la proiezione, si accendono le luce, ed appare Riccardo. Appare sì, perché è proprio un’apparizione la sua. Anche a chi, per motivi anagrafici, non soffre di Scamarcite, beh un certo effetto lo fa. Perché Scamarcio è bello, davvero. I suoi occhi luminosi, da cerbiatto impaurito non possono lasciare indifferenti. Lui è uno di quelli, a cui tutto è dovuto, che è “fico” anche senza fare nulla, come suggerisce il regista Paravidino, ospite anche lui della serata, che ha indicato fra le ragioni della scelta di Scamarcio quale protagonista del suo film, proprio questa sua capacità di piacere, prima ancora di fare qualsiasi cosa.

Colpisce di lui, il fatto che siadavvero timido, riservato, insomma è un ragazzo di 28 anni, e benché faccia questo mestiere da un po’, non è smaliziato, o furbetto come può sembrare. Non è uno che vuole rivelarsi agli altri necessariamente, anzi all’inizio sembra anche un po’ in imbarazzo. Un po’ gioca, un po’ si protegge, e si vede che ha difficoltà a donarsi completamente. Ma le domande incalzano, e lui non può fare a meno di rispondere, e così piano piano, delicatamente, esce allo scoperto, facendosi conoscere per quello che forse è: un tenero, delicato e semplice ragazzo del Sud, di cui ribadisce la totale appartenenza.

Non si direbbe ma è al suo 19° film, quindi gli chiediamo qual è stato il personaggio più difficile da interpretare. E lui risponde, candidamente, ma con il piglio dell’attore avvezzo al mestiere. “Sono le situazioni di contorno che rendono più o meno difficile una interpretazione. Almeno per me, il rapporto con il regista, l’empatia con lui, il clima del set, e il rapporto emotivo che si crea con il gruppo, sono i veri fattori che mi rendono facile o difficile interpretare un personaggio.

E quello che più ti assomiglia qual è? Paravidino, con la sua grande ironia, suggerisce Nero, quello di Romanzo Criminale… ma lui sorride, e raccoglie la provocazione,come a far capire che lui in realtà, poi così buono come sembra non è. Ci tiene a non sembrare “piccolo”. Ed aggiunge:”Non saprei qual è quello che più mi assomiglia, credo piuttosto che in ognuno dei personaggi che ho interpretato ci sia un po’ di me stesso”.

Ma attori si nasce o si diventa? “Assolutamente si diventa, se parliamo del mestiere, perché è solo facendolo che si impara. Io ho deciso per caso, non avevo il fuoco dentro. Avevo sedici anni, vivevo in un piccolo paese della Puglia, la mia curiosità verso il mondo era forte, pulsava. La vita dei grandi mi affascinava, ed ero un ragazzo che smaniava per diventare grande. La scuola, diciamo, non era il mio forte, anzi non riuscivo a relazionarmi bene con nessuno. Ero il classico ragazzo che a sedici anni si sentiva grande, e aveva voglia di fare altro, piuttosto che studiare.La mia è stata una sfida, una rivalsa, verso chi non credeva in me. Allora un giorno ho detto, adesso vado e gli faccio vedere chi sono! 

Quando hai capito che avevi fatto la scelta giusta? “Venni a Roma dal mio paese e mi iscrissi al Centro Sperimentale, ed è stata per me la vera “scuola”, io ho imparato tutto lì. Ma la magia di questo mestiere l’ho percepita dietro le quinte. Il momento del “si va in scena” mi ha fatto scattare la magia, l’amore per questo mestiere e questa vita. E’ stato un rito che mi ha stregato. Io sono una persona affascinata dal pericolo, ed il palcoscenico ti fa sentire in pericolo, sei scoperto, nudo, in un certo senso, ed è questo forse che mi ha fatto scegliere questa strada.

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