[oblo_image id=”1″]In Katyn non troviamo protagonisti ma vittime. Wajda armato di scalpello cesella un pesante acquarello su una vicenda storica seppellita dalla propaganda e persa nel tempo.
L’inizio sul ponte è emblematico; si scappa da una parte e dall’altra. Dai tedeschi e dai sovietici. La Polonia presa nel mezzo dagli ismo, nazismo e comunismo strani alleati per smembrare un paese e cancellarlo dalle carte geografiche.
Due militari polacchi si chiedono quanto durerà questa strana alleanza:
“Hitler parla di un reich millenario e il comunismo invece è per sempre. Quindi saranno alleati per un centinaio di anni”. Andrei Wajda riassume magistralmente la situazione storica in due scene, quella già succitata del ponte, e quella dove un prete da l’estrema unzione a un crocefisso coperto dal cappotto di un militare graduato.
Lontano dalle atmosfere claustrofobiche de i “Dannati di Varsavia” (Kanal) o dall’eroismo di “Ceneri e diamanti” ( Popil i diamant), Katyn è una registrazione storica.
Una consegna ai posteri di ciò che è stato ma che non si poteva raccontare, di chi è morto ma non poteva essere ricordato.
Katyn è infatti il luogo dove vennero ritrovate le salme di 12000 ufficiali polacchi, giustiziati con un colpo di pistola alla nuca e seppelliti nelle fosse comuni dall’Armata Rossa.
Katyn fu anche discordia e propaganda, quando le fosse vennero scoperte la Polonia era ancora occupata dalla Germania, i nazisti usarono l’episodio per vantarsi “di essere i difensori dell’Europa dal bolscevismo”. Con la sconfitta della Germania alla fine della II Guerra Mondiale la Polonia divenne uno stato satellite dell’Urss e la verità su Katyn venne sepolta, proponendo una versione distorta e ben più favorevole alla propaganda sovietica, incolpando i tedeschi del massacro.
Wajda mostra i fatti, non commenta, propone la realtà partendo dal ritrovato blocchetto di memorie di una vittima, il cui padre insegnante universitario era stato deportato in un campo di concentramento tedesco dove morì. Perché se i sovietici uccisero i militari, i tedeschi pensarono all’intelligencja polacca, mettendo in ginocchio il futuro di una nazione.
C’è poco di giusto e tanto di sbagliato, così come è realmente accaduto.“ Come si fa a decretare la pazzia se a farlo è un tribunale di pazzi” recita in una scena l’attrice scampata ad Auschwitz prima dell’Antigone.
”Katyn” insegna che la storia è si riscritta di vinti ma che la verità è colorata da pesanti pennellate in acquerello di eternità.