[oblo_image id=”1″] Pourquoi Zidane? Perchè Zidane? Lo esclamò il commentatore della tv francese subito dopo la testata rifilata dal fuoriclasse transalpino a Materazzi. Una domanda dove si fondevano sdegno e delusione. Perchè si può perdere, ma bisogna saperlo fare con dignità. Ora quella domanda ci sentiamo di rigirarla a Riccardo Riccò. Lo avevamo celebrato, persino osannato appena pochi giorni fa. Avevamo scritto che i suoi scatti in salita, i suoi vezzi, il suo coraggio erano una boccata d’ossigeno per il mondo del ciclismo. Ci eravamo aggrappati a lui per sperare nella rinascita di uno sport con una tradizione inimitabile ed un presento offuscato dallo spettro del doping. Ora dobbiamo ammettere di esserci sbagliati. Abbiamo creduto in qualcosa che non esisteva. E come accade a chi si sente tradito, non riusciamo ad essere indulgenti. Un prodotto di ultima generazione, ancora fuori commercio in Italia, dal gentile nome di CERA. Questo il farmaco maledetto scoperto dai test antidoping francesi che ha scombussolato l’intero Tour. E allora ci chiediamo come sia possibile che i corridori siano disposti a mettere a repentaglio salute, credibilità, lavoro e dignità sapendo che la tolleranza al doping ha da tempo toccato quota zero. I tecnici della Saunier Duval, la squadra di Riccò,hanno parlato di insana smania di primeggiare dell’atleta. Ma possibile che sia solo questo? In un’improvvisata intervista concessa poco dopo essere stato rilasciato dalla gendarmeria transalpina, Riccò ha promesso: “Tornerò più forte di prima”. Ci basterebbe che tornasse con la passione autentica di chi ama la bicicletta. Pronto a soffrire sui pedali, a far fatica anche senza l’ambizione di vincere a tutti i costi infischiandonsene del rispetto dell’avversario o della lealtà sportiva. Non ci interessa uno scatto fulminante in salita. Ci accontentiamo di sapere che le emozioni di una tappa sono vere.

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