[oblo_image id=”1″] Se nel calcio contasse solo il risultato, si potrebbe leggere lo 0-0 di San Siro come la conferma dei progressi dell’Inter capace di reggere il confronto con i campioni in carica. Ma soprattutto a settembre il punteggio non racconta tutto e allora non si può negare come il Barcellona abbia qualcosa, per non dire parecchio, in più rispetto all’Inter. Non è un problema di mentalità internazionale da acquisire – un falso mito costruito ad uso e consumo dei media – nè si può giustificare tutto con il maggior affiatamento degli uomini di Guardiola. Il divario sta proprio nell’organico: i nerazzurri sono bravi, i blaugrana sono bravissimi e la differenza si nota. Nessun centrocampista dell’Inter sarebbe titolare se militasse nella corazzata catalana, più per meriti avversari che per demeriti propri. Tiago Motta, Schneider, Zanetti e Muntari sono devastanti per la nostra serie A ma non reggono il confronto con Xabi, Yaya Tourè, per non parlare di Iniesta costretto a scampoli di gara dai postumi di un infortunio. L’Inter ha vinto gli ultimi scudetti perchè è la miglior formazione italiana, ma in Europa l’asticella è notevolmente più alta. I suoi successi tricolori sono assolutamente legittimi, così come lo sono state le sconfitte con il sottofondo della musica di Champions. E’ la stessa ragione per cui la squadra che ha dominato negli ultimi anni il basket tricolore, il Montepaschi Siena, non è mai riuscito a conquistare l’Euroleague. Pur con toni molto coloriti, Mourinho non è mancato d’onesta intellettuale nel giudicare un’impresa altamente improbabile la conquista di un trofeo che manca da oltre quaranta anni nella bacheca di via Duini. E se allarghiamo lo sguardo ci accorgiamo come le difficoltà del nostro calcio siano ancora palesi. Abbiamo pareggiato il confronto con un campionato non d’elite come quello francese – vittoria del Milan, pareggio della Juve, sconfitta della Fiorentina – mentre le inglesi inanellano il solito poker di successi. La conoscenza dei propri limiti è il primo passo per migliorarsi. Senza isterismi e senza cadere nel pessimismo cosmico, bisogna organizzare la risalita. Magari puntando sui giovani talenti del vivaio che darebbero l’opportunità di evitare di spendere decine di milioni per buoni giocatori (Tiago Motta, Muntari o Schneider) e di investire tutto il capitale per un autentico fuoriclasse. Come fa da anni il Barcellona. E non a caso nel 2009 ha vinto tutto.

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