[oblo_image id=”1″]E alla fine a Roma trionfò l’impegno. Quello che doveva essere il Festival del mercato cinematografico, del red carpet, delle grandi stelle (poi rimaste allegramente a casa) ha premiato il cinema “committed”, come dicono gli inglesi. Il Marc’Aurelio d’Oro della critica per il miglior film è andato infatti all’afghano “Opium War” di Siddiq Barmak, che ha saputo fotografare al meglio il clima di corruzione esistente nel paese pur liberato dall’oppressione talebana.

Significativi i successi italiani, anch’essi tutti sulla scia dell’impegno. “Resolution 819” di Giacomo Battiato, crudo affresco della tragedia di Srebrenica, ha conquistato il premio del pubblico che ha riconosciuto la sensibilità del regista nell’affrontare una delle pagine più terrificanti della nostra storia recente. E tricolore è anche il premio della critica per la migliore attrice, che va alla Donatella Finocchiaro boss al femminile della Sacra Corona Unita in “Galantuomini” di Edoardo Winspeare. Unica concessione alla leggerezza, il premio per il miglior attore all’ungherese Bohdan Stupka per “Serce na dloni” (Il cuore in mano) di Krzysztof Zanussi.

Cala così il sipario sulla terza edizione del Festival di Roma, sopravvissuto a dieci giorni di forfait, alluvioni, invasioni (quasi) pacifiche di protesta. Chiude con un messaggio di riflessione sul mondo che ci circonda, e con la speranza che il cinema possa ancora far “pensare”. Tra i lustrini e le paillettes della cerimonia di premiazione, ci piace ricordare un piccolo premio collaterale: la menzione speciale della Libera Associazione Rappresentanza di Artisti all’intero cast di “Si può fare”, il film di Giulio Manfredonia con Claudio Bisio e Anita Caprioli che a 30 anni dalla legge Basaglia ci ha ricordato che i “matti”, quelli liberati dai manicomi, non sono poi tanto diversi da noi che ci consideriamo normali. E che verrà ricordato per la prima passeggiata sul tappeto rosso stile manifestazione con striscione annesso con su scritto “Da vicino nessuno è normale”. Giusto la sintesi del Basaglia-pensiero.

Chissà se l’anno prossimo vedremo la quarta edizione del Festival di Roma. Di certo, anche se martoriata da intemperie climatiche e non, quella di quest’anno ha retto decentemente il colpo. Eppure resta la sensazione che ci voglia qualcosa di più perché la manifestazione prenda davvero il volo, magari riuscendo davvero ad affiancare la Mostra del Cinema di Venezia, con pari dignità ma ognuna con le sue prerogative. In laguna l’arte, in riva al Tevere le pellicole più commerciali. Altrimenti c’è il serio rischio che i gemelli presto restino non solo orfani, ma anche sprovvisti di una Lupa che li allatti.

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