Il 3 febbraio sarà una data importante per Antonio Agnello. E’ la data dell’uscita del live di presentazione di “Vecchia Biro”, il suo primo album.

Antonio inizia a suonare la chitarra da autodidatta e dopo anni di esperienze con svariati gruppi musicali intraprende gli studi della chitarra classica, diplomandosi 5 anni dopo presso il Conservatorio di Avellino. Nel 2010 inizia a scrivere canzoni e poco dopo le raggruppa in un progetto live intitolato “Non solo ironico”, di cui è stato autore, compositore e musicista.

Dopo un paio d’anni di concerti in duo e in trio (chitarra e voce, contrabbasso e percussioni) nel 2014 vince il premio della critica al “Time music festival” di Montagnareale (ME) con  “I Mediterronei”, “Non solo ironico” e un ri-arrangiamento della canzone “E penso a te” di Mogol-Battisti. Nello stesso anno arriva in finale al concorso di Musica Controcorrente. Nel corso del 2015 riprende a lavorare sui suoi inediti e decide di inciderli presso il Fourth Mile Studio di Roma.

Il primo album, intitolato appunto “Vecchia Biro” contiene 10 tracce una più avvolgente dell’altra. Si inizia con “Contrasti” che, come il bene e il male, sono legati alla nostra esistenza perché l’universo stesso si fonda su “l’equilibrio degli opposti [T.Terzani]”. Così, in questo brano, anche  la musica e l’approccio strumentale è fondamentalmente stato concepito per rendere al meglio questo concetto.

Si continua con la ballata “Fumare Uccide” perché fumare o non fumare è solo un gioco della mente, è lei che comanda. E’ la riflessione che guida questo brano che è anche il primo singolo dell’album. Una divertente ballata dai toni teatrali: nessun moralismo, solo un pensiero sulla capacità di scegliere. Sui pacchetti di sigarette campeggia la scritta “Il fumo uccide”; accompagna le foto “terroristiche” che ogni tabagista cerca di coprire per non doversi mettere in discussione. Ma più che il fumo, ribadisce Agnello, è proprio il gesto del fumare, il vizio, l’abitudine, la dipendenza, che uccide la libertà di scelta di un individuo.

La terza traccia, per un campano come Agnello, ha un titolo agrodolce: I Mediterronei, “una parola che, sentita tempo addietro di sfuggita da un ragazzo, mi rimase impressa per l’ironia”. Per come è stata interpretata, non è intesa come un’elegante alternativa al termine “terroni” (se pur in una strofa del brano si parla anche di questo) ma è legata al senso di appartenenza alle proprie origini, anche conoscendo bene e riconoscendo i mali che affliggono quella terra.

A seguire “Mestieri in estinzione” dove Agnello analizza la società in evoluzione, i mestieri che cambiano o addirittura spariscono e poi “Preludio“, brano strumentale nato per “Chitarra ironica” di cui doveva esserne l’intro, scritta di getto la sera prima della registrazione. Ne è invece venuto fuori un brano di grande personalità che ha poi conquistato un proprio posto nella track list del disco e che, coerentemente, anticipa proprio “Chitarra ironica“, una delle prime canzoni di Antonio Agnello, scritta e pensata quando era “ancora troppo vestito da chitarrista”. Una chitarra ironica, scherzosa, molto ritmica e estrosa. Una chitarra che non vuole solo accompagnare ma lasciare la firma. Come forse farà in tutte le altre canzoni dell’album.

Chiudono “Infiniti petali“, divertente dichiarazione d’amore anni Cinquanta a Margherita, “Dipinto rosso“, colpo di fulmine al passaggio di una creatura  “di vermiglio vestita”, “Quartiere Miao” canzone per bambini ed adulti mai cresciuti che narra di un mondo a misura di gatto ed infine “L’immagine dei tempi“, un presente incerto, insicuro, pieno di domande. Quasi rimpiange il passato. Ma ci sarà sempre un domani. Nonostante gli eterni dilemmi dell’uomo.

 

Un disco da ascoltare e riascoltare dunque, per un artista fuori dagli schemi e di grande talento.

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