[oblo_image id=”1″] Non ha gradito il pronostico di Marcello Lippi sul vincitore del prossimo campionato, ma senza rendersene conto rischia di essere tra coloro che possono far avverare la profezia dell’allenatore della nazionale. Calma e gesso: la prima giornata di campionato non emette verdetti definitivi, le attenuanti nel pareggio casalingo con il Bari non mancano e il potenziale tecnico dei nerazzuri appare ancora nettamente fuori portata per le avversarie. Tutto vero, eppure qualcosa di strano si avverte. Orme appena accennate, indizi forse devianti, segnali ancora da decifrare. Sufficienti però a riaprire i giochi, a convincere le rivali di poter correre per la maglia rosa e non solo per qualche successo di tappa. Si diceva che l’Inter è talmente forte da dover temere solo se stessa. Non era una provocazione estiva, è un giudizio calibrato sul valore obiettivo degli organici della nostra serie A. Ora però il dubbio che i nerazzurri eclissino in antiche paure rivedendo fantasmi lontani si fa più concreto. I primi due appuntamenti ufficiali non hanno dato le risposte attese: sconfitta nella Supercoppa, passo falso all’esordio a San Siro con una neopromossa. Niente di irrecuperabile, per carità, ma abbastanza per far suonare un campanello d’allarme. Perchè la sfortuna non può spiegare tutto e un pò di sana autocritica non fa mai male. Il dominio territoriale e le occasioni costruite non reggono come scusanti: quante volte nel recente passato i campioni d’Italia hanno esaltato il cinismo usato per vincere gara sofferte, sudate, striminzite? Non si può essere al top della forma alla prima giornata, ma è un’osservazione  che vale per tutti. Le gambe sono imballate, gli schemi devono ancora essere oliati e le “piccole” trovano il coraggio di scendere in campo senza alcun timore reverenziale. Però, nel pareggio con il Bari c’è l’aggravante di aver mancato i tre punti dopo essere passati in vantaggio. Farsi rimontare dai pugliesi – e i galletti hanno sfiorato anche il colpo grosso nel recupero – denota un passaggio a vuoto sul piano psicologico ancora prima che atletico. Proprio perchè lontano dagli standard abituali, l’Inter doveva avere la lucidità di addormentare la gara ottenendo il massimo con il minimo sforzo. E qui sul banco degli imputati finisce Mourinho. Lo Special One ha riempito i giornali con polemiche stucchevoli con Lippi e ha confermato di essersi divertito nel sollevare il polverone mediatico. In fondo, ha sempre unito capacità manageriali e spiccate doti comunicative. Il rischio è che la smania di protagonismo consenta alle seconde di prevalere sulle prime. Il tecnico di Setubal dovrebbe preoccuparsi del rumore dei nemici soltanto dopo aver verificato quanto la sua truppa sia affamata di nuove conquiste.  Spesso, il pericolo numero uno è l’appagamento: un tarlo a volte inconscio ma che fa perdere il killer istinct. Vincere quando si è in giornata di grazia è scontato, gli scudetti si conquistano portando a casa i tre punti nelle giornate che nascono storte. Contro il Bari questo ardore non si è visto: non c’è stato un furioso assalto finale ma un timido tentativo respinto senza difficoltà dagli uomini di Ventura. Mourinho ha chiesto un trequartista – e verrà accontentato dal presidente staccando l’ennesimo assegno – ma prima dovrebbe preoccuparsi di valorizzare al meglio l’organico a disposizione. Vieira è apparso un corpo estraneo, Muntari è stato sostituito ancora prima dell’intervallo, Quaresma continua a litigare con il pallone ancor prima che con i tifosi nerazzurri. E si potrebbe discutere anche sull’impiego part time di Balotelli o sul non impiego di Mancini. Tutti nodi che vanno risolti in tempi rapidi per evitare che le parole si trasformino in un boomerang. Prima di rituffarsi nelle polemiche dialettiche che tanto lo stuzzicano, Mourinho dovrebbe preoccuparsi di dare un gioco convincente alla sua squadra. Sarebbe il modo più semplice per giustificare uno stipendio da vero Special One. E per rimettere a posto le cose in classifica tornando a vincere. Cominciando magari già dal derby. Siamo ad Agosto, ma a pensare che sia il solito calcio d’estate c’è il rischio di scottarsi.

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