[oblo_image id=”1″]Avrebbe compiuto 81 anni il prossimo 1 gennaio. Si è spento nella notte in un ospedale di Losanna dove era ricoverato da qualche giorno per gravi problemi cardiaci e renali. Béjart dirigeva da vent’anni il balletto della città svizzera e secondo un portavoce della Fondazione a lui intitolata, stava seguendo l’allestimento della nuova creazione, “Il giro del mondo in 80 giorni”, il cui debutto era previsto per il mese di dicembre.

Il danzatore e coreografo francese, figlio del filosofo Gaston Berger, seguì i corsi di danza parallelamente agli studi liceali e universitari. Affascinato da uno spettacolo di Serge Lifar, decise di consacrarsi completamente alla danza e fece il suo debutto artistico a 14 anni all’Opéra di Parigi, poi accanto a Roland Petit. Abbandonò però presto l’attività di danzatore, per passare alla coreografia. Anche se poi non amava l’etichetta di coreografo: “Detesto il balletto, gli orrendi tutù e la volgarità dei fondali di cartapesta. Non sono un coreografo, ma un uomo di spettacolo “totale”: amo scegliere i gesti e le parole, curare le scene, le musiche, gli effetti speciali e ogni dettaglio, attingendo a qualsiasi forma d’arte”, diceva di se stesso. Piuttosto, si diceva convinto che “ballare è una virtù del cervello, prima ancora che delle gambe”, e a questo si sono ispirate le sue coreografie.

Nel gennaio ’95, in Italia per presentare un “King Lear” ricevette il Premio Porselli “per aver portato il balletto alle vette più alte dell’arte, per aver trasmesso i suoi ideali di libertà, di impegno intellettuale, di universalità, collegando la filosofia e l’etica dell’Occidente con quella dell’Oriente”. E profondi sono stati i rapporti tra lui e la nostra nazione, della quale diceva di amare i luoghi geografici e quelli dell’anima. Amava la pittura di Leonardo, Pasolini, Petrarca, Berio, Gianni Versace (che per lui aveva firmato i costumi di spettacoli quali “Dionysos”, “Malraux o la metamorfosi degli dei”, “Leda e il cigno”, “La morte di un musicista” e poi di “Souvenir de Leningrad”) e Fellini in memoria del quale, ad un anno dalla morte, era venuto a Rimini, per partecipare ad una serata-omaggio con tanti amici ed artisti.

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