Nel suo romanzo “I fiori di Matilde Klee” (Mazzanti Libri), lo scrittore e giornalista Roberto Nardi, al suo esordio nella narrativa, accompagna il lettore in una narrazione densa e stratificata, sospesa tra poesia e disincanto, dove ogni personaggio è un tassello di un mosaico che racconta non solo una storia privata, ma anche il malessere di un’epoca. 

La protagonista, Matilde Klee, è una donna anziana che vive ritirata al piano nobile di un palazzo silenzioso, circondata da fiori, piante e opere d’arte. Il suo cognome illustre non è legato da alcun vincolo di sangue al pittore Paul Klee, ma ne evoca la sensibilità e la tensione verso l’invisibile. A spezzare la routine quasi liturgica delle sue giornate, tenacemente voluta dopo la morte del marito, è l’incontro con Pietro, giovane fisico nucleare appassionato d’arte che abita all’ultimo piano dello stesso palazzo. Un incontro casuale, eppure destinato a cambiare tutto. 

Attorno a loro, si muove una piccola costellazione di personaggi altrettanto memorabili: Lucrezia, studiosa francese e compagna di Pietro, Aldo il corniciaio dal “fiuto assoluto” per l’arte autentica, e Gastone Rospi, ex ladro d’opere d’arte in lotta con i fantasmi del suo passato. Le loro vite si intrecciano in modo sempre più fitto attorno a un misterioso disegno di un maestro del Novecento, a una notizia di giornale e infine a un furto che irrompe nella casa di Matilde come un grido nel buio. 

La trama “I fiori di Matilde Klee” è ricca, complessa nei richiami, ma mai confusa, guidata da una scrittura che riesce a essere al tempo stesso limpida e carica di rimandi simbolici. Venezia – pur mai nominata esplicitamente – fa da sfondo alla vicenda, respirando attraverso la sua umidità perenne, la pioggia insistente, e quel senso di decadenza che prelude, forse, a una possibile rinascita. 

Nardi costruisce un romanzo che è anche una riflessione sulla memoria, sull’identità, e sul fragile equilibrio tra la scelta di restare nel proprio guscio e la necessità, l’urgenza di riaprirsi al mondo. Il tema del “ritorno alla vita” è centrale: Matilde arriva ad incarnare la forza ostinata di chi sceglie di non lasciarsi schiacciare dalla disperazione., che si oppone alla possibilità di vivere senza sentire il bisogno di pensare. 

Le parole dell’autore, nella sua dichiarazione, illuminano l’intento profondo del libro: “In Matilde, ma anche in altri protagonisti del romanzo, irrompono la volontà, il desiderio di riprendere in mano in modo attivo la propria esistenza, che si manifestano improvvisi in forme inaspettate quando la storia personale si intreccia con quella con la S maiuscola”. “I fiori di Matilde Klee” è dunque molto più di un romanzo: è un atto di resistenza morale, un invito alla speranza, un piccolo inno alla bellezza come forma di salvezza. In tempi oscuri e inquieti, come quelli che viviamo, la letteratura torna ad avere un ruolo fondamentale: ricordarci che anche nelle crepe dell’anima può germogliare qualcosa di nuovo. (di Paolo Martini) 

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