All good  things come to an end, recita un vecchio adagio valido per le storie di successo che durano per molti anni (fu addirittura il titolo dell’ultima puntata di Star Trek:The Next Generation). Sembra essere questo  il motivo per cui dopo quarant’anni al timone Bernie Ecclestone  lascia la sua creatura dalle uova d’oro,  Il Circus della  F1.

Gli scarni ricordi diretti che ho del mondo dei Grand Prix nella prima metà degli anni’70 fanno pensare più ad una manifestazione di paese che al blindatissimo Circus di oggi: dirette tv dei GP di Monza e Montecarlo (grazie a Telemontecarlo) ogni tanto Nurburgring e Zeltweg (grazie alla TV Svizzera Italiana, erano gli anni di Clay Regazzoni in Ferrari)  e poche altre gare di finale di stagione  se le Rosse potevano dire la loro per il Mondiale; per il resto, differite di 3-4 ore (quando andava bene) e/o servizi minimi al Tg della sera (peraltro pressoché l’unico con un po’ di seguito, ai tempi), e tante radiocronache in diretta.

Va dato atto a Bernie, ex meccanico del Suffolk  (qualche maligno anni fa  disse che si ritrovò con un sacco di soldi subito dopo la grande rapina al treno del 1963) di aver capito in che senso tirava il vento della comunicazione organizzando subito al meglio la trasformazione di questo sport in un evento mondiale, principalmente gestendo il coordinamento dei diritti televisivi per la trasmissione in diretta via satellite (la facciamo facile oggi, ma quarant’anni fa erano cose che meritavano una sigla a parte prima dell’inizio delle trasmissioni!), che ha portato ad appassionarsi alla F1 non più solo il pubblico della vecchia Europa, ma anche e soprattutto nuovi e vergini mercati emergenti: dapprima il Giappone e l’Australia, poi l’Europa dell’Est (correre a Budapest dal 1986 oggi può apparire scontato, ma non lo era per nulla ai tempi della cortina di ferro che sarebbe caduta di li a tre anni).

I diversi tentativi di sbarcare in USA e Messico (che forse sta funzionando in questi ultimi anni) e la creazione con l’architetto Von Tilke di circuiti appetibili ed apprezzabili in Malesia, Cina, Singapore, India, Bahrain, Abu Dhabi, Korea,  Russia, Turchia e da ultimo in Azerbaijian.

Ad oggi LA F1 ha effettivamente un bacino d’utenza potenziale di 7 miliardi di spettatori. C’è un però. I regolamenti sempre più cervellotici degli ultimi anni e lo strapotere Mercedes hanno fatto si che l’interesse nello sport stia andando in calo.

Il vecchio Boss ha ceduto le quote del Circus a New Liberty media, società americana che fa capo a Chase Carey, 62ene americano con dei baffoni a manubrio tali da  farne il protagonista perfetto di un reality show di quelli che si vedono normalmente su Dmax… In realtà Mr.Carey  (che finora non si è sbottonato troppo sui programmi) ha nel curriculum tutto quello che serve per ridare pubblico al Circus Iridato: laureato ad Harvard,  ha un passato nello sport come giocatore di football nei campionati universitari NCAA, trascorsi importanti in Fox TV prima (è stato l’ideatore del canale All Sports  FOX SPORTS a fine anni’90), e in Liberty Media poi (con tutti i canali tematici come Discovery, Nat Geo e History Channel, ben visibili in italia su Sky e su Dmax).

La sua mission dichiarata è quella di far recuperare ascolti e popolarità al Circus:  dovrebbe diventare uno sport probabilmente  meno elitario e più “easy-going” (come i campioni di incassi USA Nascar e Indycar, sicuramente più all’altezza di tasche “comuni”) , più indirizzato ai giovani ed alle famiglie: attualmente  i prezzi per un ingresso prato per la domenica a Monza superano abbondantemente gli 80€,  una tribuna dai 150€ in su, con il risultato di un costante calo di presenze a bordo pista .

Inoltre  potrebbe essere una grossa occasione per rilanciare definitivamente “la massima espressione motoristica” sull’importante mercato a stelle e strisce che, anche con la Nascar, ha scoperto il fascino delle corse dove “si sterza anche a destra”, e quindi no più solo sugli ovali.

E’ una strada in salita, ma Mr.Carey è abituato a raccogliere le sfide. E non è detto che Ecclestone non tiri fuori, ancora una volta, qualche coniglio dal cilindro.

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