Morto Aragones , ha vinto gli Europei del 2008
Se ne è andato a 75 Luis Aragones, uno dei grandi della storia del calcio spagnolo sia da giocatore che da allenatore. Proprio alla sua esperienza in panchina è legato il ricordo più recente e nitido: è stato lui a guidare le Furie Rosse al successo negli Europei del 2008. Lì è iniziata l’epopea di una squadra che poi non ha saputo far altro che vincere, bissando il successo continentale nel 2012e issandosi sul tetto del mondo nel 2010 sotto la conduzione di Vicente del Bosque. Ma Aragones aveva lasciato il segno anche nelle squadre di club. La sua casa era l’Atletico Madrid con cui ha segnato 123 gol in 164 partite da calciatore conquistando anche il titolo intercontinentale superando in finale gli argentini dell’Indipendiente. Da tecnico aveva vinto sempre con i colchoneros la Liga e si era meritato anche una parentesi al Barcellona, sufficiente per conquistare la Coppa del Re. Era un’istituzione in Spagna, per questo gli avevano perdonato anche qualche passaggio a vuoto. Nei mondiali del 2006 in Germania, la nazionale iberica aveva esordito con un successo per 4-0 contro l’Ucraina. Nella conferenza stampa del dopo partita, venne accolto da un’ovazione: la sua squadra giocava un calcio incantevole: tanto ammaliante da perdonare la prematura eliminazione negli ottavi con la Francia. Un altro tecnico sarebbe stato mandato via, Aragones no. La scelta di tenerlo si è rivelata la mossa decisiva per confezionare il successo agli Europei del 2008 e riscrivere la storia calcistica degli ultimi anni. Era un esponente della classica scuola spagnola: possesso palla ostinato, controllo del gioco, focus sulla tecnica individuale e sui movimenti collettivi. Poche parole ma efficaci per motivare il gruppo, lo chiamavano il Saggio di Hortaleza. Ma non disdegnava le provocazioni, lasciando un (im)pietoso velo per la frase razzista su Henry riferita a Reyes, si ricorda il suo commento su Gattuso: “Se lui è decisivo, allora io sono un prete” ammettendo che il modo di giocare di Ringhio non rientrava esattamente nei suoi canoni. Ha allenato sino al dicembre del 2009 in Turchia dove aveva accettato la corte del Fenerbahce, ma non era riuscito a imporre le sue idee in una realtà che vedeva e viveva diversamente il calcio. Sono subito arrivati gli omaggi di tutti i grandi che hanno accompagnato l’avventura di Aragones: soprattutto la generazione dei fenomeni che con lui ha iniziato a dominare la scena. Il capitano di quel gruppo, Iker Casillas spende parole al miele: “Ha sempre pensato al bene del gruppo dando una svolta epocale. Senza di lui non ci sarebbero stati neppure le vittorie successivi perchè è lì che abbiamo preso coscienza di quello che potevamo fare”. Arrivederci Don Luis.