“Ann, mia madre, è sempre stata ‘étrangère’. Uso la parola in francese, perché significa sia ‘straniera’, sia ‘sconosciuta’. Ed è così che l’ho sempre percepita: una donna che ho amato, ma che non ho mai davvero conosciuto”. Con queste parole la scrittrice francese Julia Deck ha presentato al festival Pordenonelegge il suo nuovo romanzo, “Ann d’Inghilterra” (Adelphi), vincitore del Premio Médicis 2024. Un’opera ddi autofiction che nasce da un’urgenza personale e si trasforma in un’indagine collettiva: sul mistero delle madri, sulla fragilità del corpo e sullo sgretolarsi delle istituzioni pubbliche specialmente in materia di sanità. 

“Ho sempre avuto difficoltà a cogliere l’essenza di mia madre – ha detto Deck in conferenza stampa – È nata negli anni Trenta, ha attraversato quasi tutto il Novecento, ha vissuto in diverse nazioni, cambiato identità sociali, conosciuto mille vite. Eppure è rimasta per me, e per molti dei nostri familiari, una figura sfuggente. Un personaggio da romanzo”. Ed è proprio come un personaggio che Julia Deck ha deciso di raccontarla. Dopo cinque romanzi di finzione, “Ann d’Inghilterra” è il primo libro autobiografico dell’autrice: una scelta, dice, “quasi trasgressiva”. “Fino ad ora mi ero sempre tenuta nel mondo della finzione, perché protegge – ha raccontato l’autrice – Ti inventi una trama, dei personaggi, una distanza. Scrivere di sé, invece, espone. È stato pericoloso, ma necessario”. 

Il libro intreccia due storie parallele: il ritratto di Ann, la madre inglese, e il racconto, crudo e concreto, del suo percorso sanitario nella Francia di oggi. Una madre che si ammala, e una figlia che si trova ad affrontare non solo il dolore, ma il crollo di un sistema. 

“Scrivere non è stato doloroso. Al contrario: mi ha dato energia – ha spiegato Julia Deck all’Adnkronos – Energia per affrontare due enigmi: quello della mia famiglia e quello della sanità pubblica. Non ho scritto per metabolizzare, non credo alla letteratura terapeutica. Ma scrivere ha avuto un effetto collaterale: mi ha permesso di capire”. 

Deck non ha dubbi: la sanità pubblica francese è in declino. E la prova, per lei, sta nel confronto tra due esperienze vissute a dieci anni di distanza: “Mia nonna, ricoverata dieci anni prima per lo stesso problema, ha ricevuto cure completamente diverse. In un decennio ho visto il sistema crollare. Non è più una questione medica: è diventata amministrativa, aziendale. È come se la sanità fosse stata trasformata in un’impresa”. La denuncia è netta, anche se l’autrice preferisce parlare di “constatazione”. “Io sono a favore del servizio pubblico – ha precisato Deck – È stato grazie alla scuola pubblica che mia madre ha potuto studiare, avvicinarsi alla letteratura, costruirsi una vita diversa da quella che il suo contesto sociale le prometteva. Ma oggi tutto questo si sta sgretolando. Non solo in Francia: in tutta Europa”. 

“Ann d’Inghilterra” è un libro che parte dalla madre per allargarsi al presente. Che interroga il privato per arrivare al politico. Ma che resta profondamente letterario. “Spesso i miei romanzi nascono da una sensazione di ribellione – ha sottolineato Deck – In questo caso, è nata dalla delusione verso le istituzioni. Ho cercato di raccontare ciò che ho vissuto, ma ho scoperto che molti altri vivevano la stessa cosa. Forse non è solo soggettiva, questa esperienza”. 

A chi le fa notare che molti autori francesi, nell’ultimo anno ed in particolare in questo mese di settembre, con le centinaia di novità della stagione letteraria in Francia, hanno pubblicato romanzi sulle loro madri, Deck ha risposto con ironia: “È vero, c’è stata un’epidemia di romanzi materni. Io, per fortuna, l’ho scritto prima, un anno fa. Ma forse c’è un motivo più profondo. Forse, in un’epoca in cui tutto è filtrato dagli schermi, cerchiamo realtà. Lavoriamo davanti a uno schermo, viaggiamo con lo smartphone, torniamo a casa e guardiamo Netflix. Viviamo in un mondo fittizio”. La letteratura, ha suggerito Julia Deck, potrebbe essere oggi una forma di resistenza al virtuale. “Forse gli scrittori stanno cercando di ritrovare una verità concreta. Nella memoria, nelle radici, nella terra. Non solo nelle radici familiari, ma proprio nella materia del reale”.  

Deck ha concluso il suo intervento con un’intuizione che potrebbe già essere l’inizio del prossimo libro: “È una teoria personale, ma credo che la letteratura oggi cerchi di rispondere alla perdita della realtà. Forse è il momento di scrivere un libro su questo”. (di Paolo Martini) 

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